WhatsApp raccoglie diversi dati delle telefonate.

Dai numeri chiamati alla durata delle conversazioni. Uno studio delle Università di Brno e di New Haven: i ricercatori hanno “tradotto” i sistemi per criptare i dati usati dall’applicazione scoprendo che la nota app di messaggistica colleziona informazioni raccolte e trasmesse sui server. La popolare piattaforma per chattare e, da poco, anche per le chiamate via internet, è di proprietà di Facebook.

Vista la sua enorme diffusione (quasi un miliardo di utenti attivi al mese), i ricercatori rilevano che le comunicazioni via WhatsApp potranno essere utilizzate nel corso di un’indagine, con la produzione di informazioni e dati con rilevanza forense. I dati registrati da WhatsApp non sono diversi da quelli di una compagnia telefonica, ma dal momento che le telefonate Voip passano su internet ci sono anche informazioni aggiuntive, come l’indirizzo Ip personale. Inoltre, facendo parte dell’ecosistema di Facebook, la piattaforma aggiunge dati alla mole di informazioni già raccolta dal social network.

I processi analizzati decriptato la connessione tra applicazione e server, riuscendo ad impossessarsi di numeri di telefono e dati contenenti informazioni specifiche sulle chiamate e il contenuto messagistico; hanno in più scoperto che WhatsApp utilizza Opus codec per le chiamate VOIP, grazie al quale hanno potuto risalire l’indirizzo IP dei server usati per le chiamate, così da poter identificare il luogo fisico da dove provenisse la chiamata.

La ricerca aveva come scopo di dimostrare quali informazioni legalmente rilevanti si possano ottenere da WhatsApp; tuttavia, c’è da ricordare che si tratta di test in laboratorio e che ottenere e decriptare l’intero traffico dati potrebbe non essere così facile in caso di reali investigazioni.

Ci auguriamo che tali risultati siano di spinta per altri team universitari a praticare studi sulle reti delle app di messaggistica, per approfondire meglio come lavorano tali servizi sempre più di uso comune.